Domande frequenti sul carcinoma della tiroide

1. Quali sono le tipologie di carcinoma tiroideo?

Si distinguono quattro forme principali di carcinoma tiroideo, che differiscono per il tipo di cellule interessate, l'aggressività del tumore e la prognosi

Carcinoma differenziato della tiroide: variante papillare e variante follicolare

La variante papillare: è la forma più frequente di carcinoma tiroideo. Poco invasiva, si caratterizza per una crescita tumorale lenta e ha una prognosi generalmente buona. La variante papillare è riconoscibile per la presenza a livello cellulare di piccoli corpi fibrovascolari, le cosiddette papille.  In alcuni pazienti è multifocale e può colpire entrambi i lobi della tiroide. Nella variante  follicolare, invece, le cellule tiroidee non presentano caratteristiche visivamente atipiche. Il carcinoma follicolare è quasi sempre solitario e, rispetto alla variante papillare, le metastasi a distanza sono più frequenti e non limitate ai linfonodi regionali .

Carcinoma midollare della tiroide

Con un'incidenza assai più rara, il carcinoma midollare della tiroide rappresenta il 5-10% di tutti i tumori tiroidei. Colpisce le cellule parafollicolari (o cellule "C") presenti nella tiroide, deputate alla produzione di calcitonina: un ormone che regola i livelli sierici del calcio. Il carcinoma midollare tiroideo può presentarsi sotto forma di nodulo isolato, oppure multicentrico, ossia presentare più focolai all'interno della ghiandola tiroidea. Un caso su quattro di carcinoma midollare è di tipo ereditario, vale a dire causato da una mutazione genetica (in questo specifico caso, ad essere interessato è il gene RET).

Carcinoma anaplastico o indifferenziato della tiroide

Molto raro (meno dell'1% dei casi), si presenta come una lesione solida a margini non definiti, che tende ad invadere rapidamente la tiroide e i tessuti circostanti . È una forma tumorale tipica della terza età ed colpisce  in genere soggetti già portatori di altre lesioni neoplastiche tiroidee di tipo papillare o follicolare clinicamente silenti . L'elevato grado di malignità che caratterizza questo tipo di tumore rende la prognosi purtroppo infausta, mentre la terapia è quasi esclusivamente di tipo palliativo.

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2. Esistono fattori di maggiore predisposizione a sviluppare un carcinoma tiroideo?

Sebbene le cause di cancro tiroideo siano tuttora oggetto di studio, sono stati accertati diversi fattori di rischio che, in soggetti predisposti, possono favorire l'insorgenza della malattia:

  • Esposizione a radiazioni ionizzanti, soprattutto se avvenute in età infantile e localizzate nella regione della testa e del collo. È il caso, ad esempio, di chi ha intrapreso trattamenti radioterapici per pregresse patologie o di chiunque sia entrato accidentalmente a contatto con alti livelli di radioattività ambientale ( ad esempio a seguito di incidenti nucleari come quello di Chernobyl);Familiarità: un caso su quattro di carcinoma midollare ha origine ereditaria. La responsabilità è di una mutazione a carico del gene RET, che viene trasmessa dai genitori ai figli;
  • Carenza di iodio: le aree geografiche iodocarenti sono quelle che contano una più alta incidenza di carcinoma tiroideo. Il rischio è ovviamente maggiore se la scarsa disponibilità di iodio non viene compensata da una dieta adeguata, ad esempio con l'uso regolare di sale iodato;
  • Gozzo: indipendentemente dalle cause, siano esse nutrizionali o patologiche, l'aumento volumetrico della ghiandola tiroidea dovuto alla presenza di numerosi noduli benigni può favorire l'insorgenza di un futuro carcinoma;
  • Sesso femminile: le donne sono più a rischio degli uomini. L'incidenza di cancro alla tiroide è fino a tre volte maggiore nel genere femminile;
  • Età avanzata: alcune forme di carcinoma tiroideo tendono a manifestarsi solo dopo i 45-50 anni, altre ancora sono tipiche dell'anziano. Il rischio di sviluppare un tumore alla tiroide aumenta generalmente con l'aumentare dell'età.

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3. Esistono dei sintomi da prendere in considerazione per capire se si è sviluppato un carcinoma tiroideo?

Nei primi stadi della malattia, il carcinoma tiroideo è spesso silente.

Quando il tumore raggiunge dimensioni significative, il primo segno clinico eclatante è in genere un rigonfiamento indolore a livello del collo, in corrispondenza della sede anatomica della ghiandola tiroidea; talvolta, in fase avanzata, l'aumento di volume può essere tale da arrivare a comprimere la trachea e l'esofago, causando difficoltà respiratorie e problemi nella deglutizione. Se la massa tumorale esercita pressione sui nervi delle corde vocali può determinare raucedine e alterazioni della voce.

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4. Com'è solitamente il decorso del carcinoma tiroideo?

La prognosi del carcinoma tiroideo è influenzata da molteplici fattori, quali il tipo di cellule coinvolte, il volume della massa tumorale, l'eventuale interessamento dei linfonodi, la presenza di metastasi a distanza e l'età del paziente al momento della diagnosi.

Nella maggior parte dei casi, comunque, il decorso è lento e la prognosi è estremamente favorevole, tanto più se la diagnosi è precoce.

I carcinomi differenziati della tiroide, che possono presentarsi nella variante papillare o follicolare, sono in assoluto i più diffusi; fortunatamente, hanno una crescita lenta e sono poco invasivi, con un tasso di sopravvivenza superiore al 90% a 20 anni dalla diagnosi.

Anche la prognosi del carcinoma midollare è relativamente buona. Sebbene si tratti di un tumore più aggressivo rispetto ai carcinomi differenziati e nel 10% dei pazienti possa dare origine a metastasi (che colpiscono soprattutto polmoni, fegato e apparato scheletrico), si assiste a una guarigione completa nel 70% dei casi.

Nelle più rare forme anaplastiche o indifferenziate, l'elevato grado di malignità del tumore, e l'impossibilità di trattarlo con radioiodio, rendono la diagnosi quasi sempre infausta.

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5. Quali sono gli esami principali per la diagnosi del carcinoma tiroideo?

La diagnosi di cancro della tiroide avviene generalmente in più fasi. Il primo sospetto è solitamente avanzato dal medico di famiglia, sulla base dell'anamnesi del paziente e attraverso una valutazione clinica preliminare, con palpazione della ghiandola tiroidea alla ricerca di eventuali noduli evidenti. Qualora il medico dovesse riscontrare anomalie, può prescrivere esami e test strumentali più specifici e approfonditi per giungere ad una diagnosi più accurata. Se lo ritiene opportuno può, inoltre, suggerire la consulenza di uno specialista in endocrinologia.

I più comuni esami comprendono:

  • Analisi del sangue: Sebbene nella maggior parte dei casi il carcinoma tiroideo non alteri la produzione di ormoni tiroidei, il dosaggio di particolari ormoni è ugualmente utile, poiché permette di valutare la funzionalità della ghiandola tiroidea;
  • Ecografia del collo: rapido e non invasivo, è l'esame strumentale preferenziale per la diagnosi di carcinoma tiroideo. Attraverso questa metodica, il medico può osservare le caratteristiche morfologiche della ghiandola, valutarne le dimensioni e riconoscere la presenza di eventuali noduli, microcalcificazioni o vascolarizzazioni dei tessuti;
  • Ago aspirato: è un'indagine minimamente invasiva, solitamente svolta in regime ambulatoriale o in ospedale. Previa anestesia locale, il medico introduce un sottilissimo ago in una o più zone del nodulo tiroideo e preleva un piccolo campione di materiale biologico, che verrà quindi sottoposto all'esame citologico per stabilirne la natura;
  • Biopsia chirurgica: in alternativa all'ago aspirato, o come sua integrazione, il paziente può essere indirizzato verso la biopsia chirurgica. Questa consiste nell'incisione della cute a livello del nodulo sospetto e nel prelievo di una più ampia porzione di tessuto, per la successiva analisi al microscopio.
  • Scintigrafia tiroidea: la scintigrafia è una tecnica diagnostica per immagini, che fornisce informazioni sulla morfologia e sulla  funzionalità della tiroide.si basa sulla somministrazione di una minima quantità di tracciante radioattivo che, durante l'esame, viene captato dalle cellule tiroidee.Le radiazioni emesse dai tessuti che hanno incorporato il tracciante vengono quindi rilevate dalla gamma camera, una particolare apparecchiatura in grado di convertire i raggi gamma in una mappa morfo-funzionale della tiroide;
  • Analisi molecolare: grazie a specifici test molecolari, è oggi possibile esaminare il materiale genetico dei noduli tiroidei indeterminati, alla ricerca di mutazioni legate a particolari tipologie di tumori. Si tratta tuttavia di un'indagine complessa non ancora disponibile in tutti i centri.

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6. Ogni quanto vanno fatti i controlli in caso di carcinoma tiroideo?

Dopo i trattamenti per asportare il carcinoma tiroideo, è importante che il paziente si sottoponga a regolari controlli, volti a verificare lo stato della malattia, escludere il rischio di recidive e ottimizzare l'efficacia della terapia sostitutiva.

Nel primo anno successivo al trattamento iniziale, i controlli vengono generalmente effettuati ogni 3-6 mesi. Qualora non vengano riscontrati segnali sospetti, la frequenza del follow up si riduce generalmente a una volta all'anno.

I controlli post-terapia consistono solitamente in analisi del sangue comprensive di dosaggio degli ormoni tiroidei e della tireoglobulina e di altri parametri ematici (quali la calcitonina e l'antigene carcino-embrionario (CEA), nel caso dei carcinomi midollari). In aggiunta alle analisi del sangue è consigliata una ecografia del collo: si tratta infatti di un esame particolarmente accurato, che permette di verificare lo stato del tumore e riconoscere anche le più piccole recidive.

In alcuni casi possono rendersi necessarie ulteriori indagini diagnostiche, come la scintigrafia, la radiografia, la risonanza magnetica o la tomografia computerizzata.

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7. Quanto è elevato il rischio di recidive del carcinoma tiroideo?

Sebbene la prognosi per la maggior parte dei carcinomi tiroidei sia quasi sempre favorevole, esiste tuttavia la possibilità che il tumore presenti delle recidive, locali o in altre sedi anatomiche. Il tasso di recidiva è influenzato dal tipo di carcinoma, dal suo stadio al momento della diagnosi e dall'età di insorgenza.

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8. In cosa consiste la preparazione per l'ablazione con iodio radioattivo per il carcinoma tiroideo?

L'efficacia della procedura ablativa è strettamente correlata alla capacità del tessuto tiroideo di captare attivamente lo iodio. Questa funzione è stimolata dalla tireotropina (TSH),un ormone ipofisario che regola l’attività della tiroide. Pertanto è indispensabile assicurarsi che i valori di tale ormone siano sufficientemente alti prima del trattamento. Affinché i livelli di TSH del paziente risultino adeguati, il medico può suggerire la sospensione temporanea della terapia ormonale sostitutiva per un periodo di 3-6 settimane. L'interruzione temporanea della terapia sostitutiva può dare origine a sintomi legati all’ ipotiroidismo indotto, come aumento di peso, astenia, alterazioni dell'umore, disturbi della memoria e difficoltà di concentrazione. Si tratta tuttavia di sintomi transitori, destinati a risolversi una volta ripresa la cura.

In alternativa alla sospensione della terapia ormonale sostitutiva, è possibile ricorrere alla somministrazione di un farmaco, analogo alla tireotropina prodotta dall'organismo.

Il medico può inoltre prescrivere al paziente una dieta povera di iodio, dal momento che l'assunzione eccessiva di questo elemento può compromettere il successo del trattamento.

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9. Il trattamento con radioiodio per il carcinoma tiroideo è pericoloso per i familiari o per chi sta vicino al paziente?

La terapia con radioiodio viene effettuata in regime di breve ricovero (solitamente 1-3 giorni). Nelle ore successive al trattamento, infatti, il corpo elimina gran parte della dose di radioiodio assorbito, principalmente attraverso le urine, le feci, il sudore e la saliva. Di conseguenza, si rende necessario l'isolamento del paziente per qualche giorno, ossia fino a quando il suo livello di radioattività non rientrerà nei limiti di sicurezza.

Nonostante la maggior parte del lo iodio radioattivo sia smaltito in fase di ricovero, è importante seguire alcune precauzioni anche dopo essere stati dimessi, almeno per le due settimane successive alla terapia. Tra le norme comportamentali più comuni, c'è quella di limitare il contatto con i bambini o con le donne in gravidanza, come pure evitare i luoghi molto affollati (teatri, sale cinematografiche, centri commerciali, etc.).

Al momento della dimissione, il personale medico fornirà al paziente tutte le indicazioni e le norme comportamentali per ridurre al minimo il rischio di irradiazione.

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10. Dopo l'asportazione della tiroide, le terapie e i trattamenti del carcinoma tiroideo, è possibile avere una vita quotidiana normale?

Dopo la tiroidectomia, occorre compensare la carenza di ormoni attraverso la terapia sostitutiva, la quale dovrà essere pertanto assunta dal paziente per tutta la vita. Se pianificata in maniera adeguata, la terapia ormonale sostitutiva assicura il recupero di normali condizioni fisiologiche e il soggetto può riprendere, senza problemi, le consuete attività quotidiane.

È tuttavia importante attenersi alle indicazioni mediche e al piano di controlli post-oncologici, che hanno lo scopo di evidenziare tempestivamente eventuali recidive e di monitorare la condizione clinica del paziente sul lungo periodo.

La fine del trattamento oncologico conclude comunque un periodo difficile e permette al paziente di riappropriarsi della propria vita. Questo implica, tuttavia, la ricerca di un nuovo equilibrio, anche emotivo. Avvalersi di un supporto psicologico può aiutare la persona ad individuare le criticità e gli stati d'animo negativi, ma anche nuove strategie, attraverso le quali conquistare una ritrovata serenità.

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